Jürgen Habermas
Quell’idea
solidale scomparsa in Europa
Le offese alla
solidarietà civica suscitano indignazione: fa rabbia, tanto per
dire, l’evasore fiscale, quando si sottrae ai suoi obblighi verso
la comunità politica pur continuando tranquillamente a goderne i
vantaggi. Certo, l’evasione fiscale è anche una infrazione al
diritto vigente. Sennonché, nella indignazione che colpisce il
profittatore si esprime anche una delusa
aspettativa-di-solidarietà.
Quella che si manifesta nel disprezzo
per tutti i Depardieu evasori di questo mondo, i quali si sottraggono
al fisco trasferendo all’estero, del tutto legalmente, la loro
residenza o la loro industria.
Nella storia dello Stato sociale abbiamo visto come le aspettative di solidarietà possano trasformarsi in pretese giuridiche. Anche oggi è una questione di solidarietà, non di diritto, stabilire con quanta «diseguaglianza » i cittadini di una nazione benestante vogliano continuare a vivere. Non è lo Stato di diritto che può frenare il numero crescente dei giovani senza lavoro, dei disoccupati e dei
sotto-occupati, degli anziani con una pensione da fame, delle mamme che allevano da sole i bambini e dipendono dalla pubblica assistenza. Solo la politica di un legislatore che sia sensibile alle pretese normative di una cittadinanza democratica può trasformare le richieste di solidarietà dei marginalizzati (o dei loro avvocati) in veri e propri diritti sociali.
A prescindere dalla differenza tra solidarietà, da un lato, e diritto e morale, dall’altro, esiste pur sempre uno stretto nesso concettuale tra «giustizia politica » e «solidarietà». In Portogallo, nel passaggio tra il 2012 e il 2013, il presidente conservatore Aníbal Cavaco Silva chiese alla Corte costituzionale di prendere in esame il bilancio di austerità che la maggioranza di governo (a lui politicamente affine) aveva appena licenziato, in quanto non gli parevano accettabili - nel senso della giustizia politica - le conseguenze sociali del programma imposto dai creditori (in particolare, l’aggravio unilaterale su funzionari e impiegati statali, pensionati e socialmente assistiti). Così facendo, il presidente tradusse nel linguaggio della giustizia politica quei disordini, e quelle proteste di strada, che nei paesi più colpiti dalla crisi chiedono solidarietà sia alle élites del paese sia ai cosiddetti paesi donatori. (...)
A differenza di ciò che
accade per la «eticità» - la «solidarietà » ha per oggetto
un contesto- di-vita non tanto derivato dal passato, quanto piuttosto
da organizzare politicamente per il futuro. Nell’applicarsi alla
struttura politica, questa componente semantica di «impegno attivo»
diventa evidente quando si passi - nell’analisi dei concetti - dal
piano astrattamente analitico a una considerazione storica dello
sviluppo delle idee. È strano, ma il concetto di solidarietà
compare molto tardi nella storia, soltanto in età recente, laddove
già negli antichi imperi, dunque a partire dal 3000 avanti Cristo,
si discuteva abitualmente di diritto e di giusto/ ingiusto.
Certo, il termine
solidarietà si trova già nel diritto romano (nel diritto
penale riguardante i debiti). Ma solo a partire dalla Rivoluzione
francese del 1789 assume un significato politico, in realtà
collegandosi inizialmente alla parola d’ordine «fraternità».
Come motto di battaglia, la fraternité deriva dalla generalizzazione
umanistica di una coscienza nata dalle religioni mondiali: risale
cioè a quell’esperienza (allargante le prospettive) per cui la
propria comunità locale veniva vissuta come parte di un’universale
comunità di tutti i credenti. È questo lo sfondo dell’idea di
fraternità: un’idea derivata dalla secolarizzazione umanistica
di un concetto religioso. (...)
Il concetto di
solidarietà nasce da una situazione storica particolare: i
rivoluzionari lo rivendicavano nel senso di recuperare e ricostruire
quei tradizionali rapporti di fiducia internamente svuotati dagli
invasivi processi della modernizzazione. Il socialismo primitivo
degli artigiani, espulsi dalle loro botteghe, ricavava in parte le
sue energie utopistiche dai ricordi - nostalgicamente trasfigurati -
di un mondo corporativo che appariva paternalisticamente schermato.
(...)
Il contrasto di classe,
nel capitalismo industriale, è stato istituzionalizzato
soltanto nel quadro degli Stati nazionali democraticamente
costituiti. Gli Stati nazionali europei - che hanno assunto la forma
attuale di «Stati sociali» solo dopo aver attraversato due
disastrose guerre mondiali - sono oggi scivolati nuovamente, per via
della globalizzazione economica, sotto la pressione esplosiva di
interdipendenze che, economicamente generate, se ne infischiano delle
vecchie frontiere nazionali.
Ancora una volta sono
costrizioni sistemiche quelle che fanno saltare i vecchi rapporti di
solidarietà e che obbligano a ricostruire le forme statalmente
frazionate dell’integrazione politica. Questa volta le contingenze
sistemiche di un capitalismo politicamente ingovernato, spinto
avanti dallo scatenamento dei mercati finanziari, si concentrano
minacciose generando tensioni tra gli Stati dell’eurozona. Da
questa prospettiva storica le aspettative di solidarietà espresse da
Konstantinos Simitis (ex premier greco ed ex leader del Pasok, n. d.
r.) ricavano una loro legittimità.
Egli punta esplicitamente il dito sulla rete delle vecchie interdipendenze, che chiedono ora d’essere incanalate in una ricostruzione dell’integrazione politica a partire dal punto di vista normativo di un equo bilanciamento dei vantaggi/svantaggi degli Stati membri.
Per salvare l’Unione
monetaria non è più sufficiente - di fronte alle differenze
strutturali delle economie nazionali - concedere crediti agli Stati
indebitati, sperando che ognuno di loro riesca da solo ad aumentare
la competitività.
Occorre invece uno sforzo
cooperativo che - intrapreso da una prospettiva politica condivisa -
incrementi crescita e competitività di tutta l’eurozona. Uno
sforzo di questo genere non può evitare di chiedere alla Germania
federale di farsi carico - sul breve e medio periodo - di effetti
redistributivi di tipo negativo. Si tratterebbe di un caso esemplare
di solidarietà politica nel senso che abbiamo illustrato.
La Repubblica – 28
aprile 2014
Nessun commento:
Posta un commento